Radio 2 Che ci Faccio Qui speciale Giordania
Nicoletta Simeone e Massimo Cervelli esplorano questa terra dalla bellezza millenaria e
preziosa, tra meraviglie architettoniche e naturali.
Insieme a loro, l’archeologo e scrittore Valerio Massimo Manfredi, che spiegherà i misteri
di Petra, la “città rosa”, antica capitale dei Nabatei.
Paolo Barghini, ultramaratoneta del deserto e vincitore della Jordan 2012, racconterà
invece la sua esaltante e faticosissima esperienza sportiva.
Ospite in diretta Tv su RAI1 alla trasmissione Il Caffè di Rai Uno
Paolo Barghini, 6 Agosto 2014, ospite negli studi di Rai 1 per la trasmissione televisiva Il Caffè di Rai Uno anteprima di Uno Mattina.
Triathlete
Dopo aver corso per tutto il Sahara, dall'Algeria all'Egitto, e il deserto del Gobi in Cina, decido di affrontare la sfida del gelo.
Correre la bianca sfida, Artide e Antartide, Polo Nord e Polo Sud in meno di un mese. Così il 23 ottobre del 2010, dopo una preparazione
sui ghiacciai delle Alpi, sono in Groellandia, a Kangerlussuaq, per la Polar Circle Marathon, e il 17 novembre nella Penisola antartica
per Antartica, la corsa a tappe di 250 km.
L'arrivo a Kangerlussuaq, il principale aeroporto della Groellandia, è a dir poco sorprendente. I bambini quando non ci sono voli
in arrivo corrono nell'aeroporto attraverso il controllo bagagli usato come tunnel; è l'unico posto veramente caldo, fuori la temperatura
è di -15°C. Freddo per chiunque, anche per gli abitanti del posto. Kangerlussuaq, ex base americana con 15000 militari, adesso è ridotta
a una comunità di 600 persone che vivono nelle vecchie barracks della base. Correre sul pack del Polo Nord è un'esperienza
particolare se paragonata alla corsa sulla sabbia. Sono accomunate dalla necessità di una grande sensibilità del piede e dall'estrema
attenzione che si deve porre per non cadere. Il ghiaccio in un'annata che non ha visto nevicate è trasparente come un blocco di vetro...
Libero Quotidiano Sport
Dal carnevale di fiori di Pescia alla desolazione totale: un teletrasporto.
Eppure Paolo Barghini, ultramaratoneta per caso, qui si sente a casa. Nel suo libroappena pubblicato “Ancora non sto
tornando...” (Lorenzo Tabaracci Editore, 29 euro), i cui proventi saranno devoluti ad Amref e ad altre operazioni
di solidarietà, Barghini (ancora sconvolto per il «sacrilegio » compiuto a Boston) segue un ideale filo di
citazioni di sportivi famosi (da Zatopek, a Owens a Karnazes) per spiegare come correre faccia intrinsecamente
parte della nostra vita. «Zatopek ripeteva: “Se vuoi vivere un’altra vita corri una maratona”. Questo è il mio
mantra», esclama il 53enne toscano.
Ma cosa spinge una persona “sensata” a passare ore e ore nella sabbia
sotto il sole rovente?
«Esistono due categorie di persone, quelle per cui correre nel deserto è una cosa normale,
una sfida personale emotiva e fisica; e quelli per cui è una roba per pochi, un’élite che vuole apparire come
supereroi. Io appartengo ai primi, e dimostro che non bisogna essere superman per fare una no-stop di
centinaia di chilometri in autosufficienza e auto-orientamento».
Non sta esagerando?
«Per niente, il nostro corpo sa adattarsi alle più svariate condizioni. È ovvio che un limite
esiste, ma con la giusta preparazione mentale e atletica si può andare e tornare da ogni luogo. Nel 2011 ho
guidato un gruppo di tre ragazzi alla loro prima avventura nel deserto a vincere la Sahara Race a squadre,
250 km. E pochi mesi dopo ho accompagnato a New York cinque signore, madri e figlie alla loro prima maratona:
l’hanno finita in 5 ore e 37 minuti, i mariti e i fidanzati ancora le invidiano».
Radio Bici
Paolo Barghini oggi è un maratoneta tra i più apprezzati, sia in Italia che a livello internazionale. In passato è stato un medico e un marito fedele. Oggi, ci racconta pedalando con Radiobici, ha un nuovo amore: il deserto. E’ la moglie a spingerlo a cambiare strada: “A quarant’anni mi ha chiesto di migliorare il mio rapporto con il fisico: abbiamo iniziato a correre e poco dopo ho vinto la mia prima maratona“. Oggi ha cinquantatre anni e non gli manca la voglia di cercare nuove sfide. “Ancora non sto tornando è il titolo del libro che racconta la sua storia, un raccolta di viaggi con un finale ancora tutto da scrivere“.
Maxim
Ognuno di noi, almeno una volta nella vita, si è trovato a dire: “Cavolo, se potessi realizzare il mio sogno”.
Ma per la maggior parte delle persone questo rimane solo un pensiero senza seguito, un momento in cui sognare
un’alternativa alla routine che sia un’avventura, un’impresa sportiva o un amore apparentemente irraggiungibile.
La storia che stiamo per raccontarvi non parla di un atleta professionista né di uno scienziato o di un mago, ma
di un comune mortale diviso tra lavoro, famiglia e amici che, a differenza della maggior parte della gente, ha coronato
un sogno che ai più sembrerebbe impossibile: correre ultramaratone nel deserto. Il fatto poi che lo scorso
maggio sia arrivato primo alla Jordan Race a 52 anni, è giusto un’anticipazione di quanto stiamo per raccontarvi.
La storia ha inizio con un medico di 42 anni che adora mangiare le lasagne e la braciola accompagnandole
con qualche bicchiere di vino, la domenica e non solo, che fa le ore piccole nei weekend “al Forte”, un po’ in
sovrappeso e che vede lontanissima la possibilità di incarnare la figura di uno sportivo modello e ancor meno di
un atleta. Parliamo di Paolo Barghini, classe 1960, che una bella domenica mattina calza le scarpe da running -
più forse per accontentare la moglie che per se stesso. Era il 2002 e se qualcuno gli avesse detto che dopo 3 anni
sarebbe arrivato nei primi 30 concorrenti della “Marathon des Sables” gli avrebbe di certo dato del pazzo.
Era ottobre e in una delle tante uscite da ‘tapascione’ (30 minuti di corsetta e poi tocca camminare) al campo di
Massa Carrara incontra un vecchio amico.
Docente Ultra-Trail stage Akkawa
con Icarus Sky Sport
L'ultrarunner Paolo Barghini veste i panni di trainer per insegnare a un gruppo di aspiranti maratoneti del deserto i segreti della corsa estrema.
Ospite in diretta Tv su RAI1 alla trasmissione UnoMattinaEstate VitaBella
Paolo Barghini 12 luglio 2012 ospite in diretta Tv su Rai 1 alla trasmissione televisiva UnoMattina Estate Vita Bella a 10 anni dall'inizio del suo cammino di grande atleta, già grande uomo e ora anche grande allenatore.
Runner's World
Non è mai troppo tardi. Il dottor Paolo Barghini, di Carrara, superati i quaranta da un paio d’anni, nel 2002 si è chiesto se
la professione medica fosse una fede condivisa o se gli stesse nascendo una nuova passione, inarrestabile. «In casa - ricorda -
ero il classico sportivo in poltrona. Mentre Gabriella, mia moglie, dava l’esempio praticando corsa, canoa e bici, io restavo seduto
davanti alla tivù. Capivo che l’esercizio era fine a se stesso. Per uno alto 1,82 gli 85 chili non parevano un problema. Ora che di chili
ne peso 71 capisco quanto fossero inutili quelli in eccesso».
Poi cos’è accaduto? «Ai primi di settembre del 2002, al campo scuola di Marina di Carrara, dove avevo preso a corricchiare,
incrocio Mauro Marchetti, che non vedevo dai tempi dell’università e che poi ho scoperto essere il presidente dell’Atletica
Carrara. Dopo i saluti mi propone d’iscrivermi alla Maratona di Firenze. Sapevo che era una corsa lunga 42 chilometri, non altro.
Per farla breve, la preparo in due mesi, visite mediche comprese, con allenamenti pazzeschi considerando l’imperizia nel
campo specifico. Ricordo il primo “lungo” di 32 chilometri, distanza siderale per un neofita. Un incubo: sono tornato a casa distrutto.
Col senno di poi mi chiedo come abbia potuto resistere a quella cura da cavallo senza rompermi. Chiudo la corsa fiorentina
in 3:15’49”, tra lo stupore mio e dei compagni, tenendo conto che al quarantaduesimo chilometro mi fermo ignorando i 195 metri
restanti. Solo l’urlo della gente mi ha fatto capire che il traguardo era più avanti».
Aktiv Laufen
Laufen verbindet. Das ist mehr als eine Floskel. Der Deutsche Rafael Fuchsgruber und der Italiener Paolo Barghini
mussten bis in die Wüste Gobi reisen, um gut Freunde zu werden. Sie wollten gegenund miteinander laufen. Doch
dann kam alles ganz anders.
Urumqi liegt im Nordwesten Chinas. Die zwei Millionen-Einwohner-Metropole ist die Hauptstadt des autonomen Gebietes Xinjiang. Keine andere
Großstadt auf der Welt liegt weiter von irgendeiner Küste entfernt als Urumqi. Gut 2000 Kilometer ist der Indische Ozean entfernt,
der Pazifik noch ein paar Meter weiter. So stellt man sich das Tor zur Wüste Gobi vor.
In zwei Tagen startet Gobi March. Sechs Tage, 250 Kilometer, heiße Tage und kalte Nächte warten auf uns. Gut 150 Teilnehmer
haben sich angemeldet. Wer die Wüste nicht wenigstens ein bisschen mag, hat hier nichts verloren.
Zum achten Mal veranstaltet Racing the Planet dieses Rennen. Nie war es stärker besetzt. Nach meinem dritten Platz im
Herbst 2010 beim Sahara Race hatte ich mir ein paar Chancen ausgerechnet, wieder vorne
mitlaufen zu können. Als ich kurz vor dem Abflug die finale Teilnehmerliste studiere,
stelle ich mich gedanklich schon mal weiter hinten an.